sabato 2 agosto 2014

Per non dimenticare: la storia e la memoria

2 agosto 1980 - 2 agosto 2014: noi non dimentichiamo. Non possiamo. Non dobbiamo. Non vogliamo. “La strage di Bologna Il 2 agosto del 1980 era un sabato, il primo sabato del mese. […] Alle 10.25 una valigia lasciata nella sala d’aspetto di seconda classe, contenente circa venti chilogrammi di esplosivo militare […] esplode sbriciolando la sala d’aspetto, sfondando quella di prima classe, sventrando due vagoni del treno Ancona - Basilea come il bar ristorante. Centinaia e centinaia di metri cubi di terra, travi, pensiline d’acciaio, rotaie, traversine, blocchi di cemento armato travolgono bambini, donne, uomini, panini, bibite, carte da ufficio, sandali da mare, scarponi da montagna, riversandosi poi in più punti: verso la piazza della stazione, verso il primo binario, entrando nel sottopassaggio. In pochi secondi, 85 morti e 207 feriti di cui 70 con invalidità permanenti. Penso ai parenti delle vittime e ai sopravvissuti, a cosa si porteranno dietro per tutta la vita. La nuvola di polvere sottile ha invaso il piazzale sul quale mi sono affacciato tante volte. Bastava la voce dell’altoparlante, con quell’inconfondibile accento, per farmi sentire che ero arrivato a casa. La telecamera scopre l’orologio, con le lancette ferme: le dieci e venticinque. Un attimo, e molti destini si sono compiuti. Ascolto le frasi che sembrano monotone, ma sono sgomente, del cronista della tv costretto a raccontare qualcosa che si vede, a spiegare ragioni e motivi che non sa, e immagino la sua pena. Dice: “Tra le vittime c’è il corpo di una bambina”. […] “Stazione di Bologna”: si può anche partire, per un viaggio senza ritorno.” (Testo tratto da: Enzo Biagi: “L’Italia del ‘900 – 1980-1982), in collaborazione con Loris Mazzetti, Rizzoli, Edizione speciale per il Corriere della Sera, RCS Quotidiani S.p.A., RCS Libri S.p.A., Milano, 2007, pgg. 46 - 49) Francesco Guccini: “Bologna” tratto da “Metropolis”, 1981 Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli col seno sul piano padano ed il culo sui colli, Bologna arrogante e papale, Bologna la rossa e fetale, Bologna la grassa e l' umana già un poco Romagna e in odor di Toscana. Bologna per me provinciale Parigi minore: mercati all'aperto, bistrot, della "rive gauche" l' odore con Sartre che pontificava, Baudelaire fra l'assenzio cantava ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare. Però che Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie... Oh quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura e i vecchi "imberiaghi" sembravano la letteratura... Oh quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna cullati fra i portici cosce di mamma Bologna. Bologna è una donna emiliana di zigomo forte, Bologna capace d'amore, capace di morte, che sa quel che conta e che vale, che sa dov' è il sugo del sale, che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita. Bologna è una ricca signora che fu contadina: benessere, ville, gioielli... e salami in vetrina, che sa che l'odor di miseria da mandare giù è cosa seria e vuole sentirsi sicura con quello che ha addosso, perché sa la paura. Lo sprechi il tuo odor di benessere però con lo strano binomio dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio e i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi confusi e legati a migliaia di mondi diversi? Oh quante parole ti cantano, cullando i cliché della gente, cantando canzoni che è come cantare di niente... Bologna è una strana signora, volgare e matrona, Bologna bambina per bene, Bologna "busona", Bologna ombelico di tutto, mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto, rimorso per quel che m'hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato. “[…] il testo è tutt’altro che consolatorio e vi risaltano le diverse forme di personificazione della città, con un accenno alla strage del 2 agosto 1980” (ndr: vedi righe in grassetto) (Tratto da: Francesco Guccini: “Non so che viso avesse – La storia della mia vita”, Arnoldo Mondadori Editore, S.p.A., Milano, 2010, pag.176)

martedì 24 giugno 2014

Tra Ottocento e Novecento: le date e gli eventi da ricordare

17 marzo 1861 A Torino si riunisce il primo Parlamento nazionale italiano e viene proclamato il Regno d'Italia con a capo Vittorio Emanuele II di Savoia 1864 Il pontefice Pio IX emana il Syllabus errorum, un documento in cui si elencano gli errori condannati dalla Chiesa. Tra questi errori figurano il socialismo, il comunismo, le società segrete, la separazione del potere temporale da quello spirituale, la libertà di religione, la libertà di stampa. Il documento termina con la dichiarazione che il pontefice non poteva assolutamente "riconciliarsi con il progresso, il liberalismo, la civiltà moderna" 1864 (1865) La capitale d'Italia viene spostata a Firenze 2 settembre 1870 Nella guerra franco-prussiana l'esercito francese viene annientato nella battaglia di Sedan 20 settembre 1870 I fanti e i bersaglieri guidati dal generale Raffaele Cadorna entrano a Roma attraverso la breccia di Porta Pia 2 ottobre 1870 La popolazione romana con un plebiscito approva l'annessione al Regno d'Italia 26 gennaio 1871 Viene approvata la legge che fissa il trasferimento della capitale a Roma per il 30 giugno 1 novembre 1871 Pio IX emana l'enciclica Respicientes nella quale dichiara l'occupazione dei domini della Santa Sede "ingiusta, violenta, nulla e invalida" e di essere prigioniero in Vaticano 1871 Il Parlamento italiano approva la legge delle guarentigie (le garanzie che lo Stato italiano forniva al pontefice 1876 La Sinistra storica al governo con Agostino Depretis 1878 Muore Vittorio Emanuele II. Sul trono gli succede il figlio Umberto I 20 maggio 1882 L'Italia firma la Triplice Alleanza con l'impero tedesco e l'impero austro-ungarico 1887 Muore Agostino Depretis. Subentra Francesco Crispi 8 - 9 maggio 1898 A Milano, per fermare la rivolta popolare, le truppe del generale Bava Beccaris usano l'artiglieria contro la folla provocando più di 100 morti e 500 feriti 24 luglio 1900 Il re Umberto I viene ucciso in un attentato dall'anarchico Gaetano Bresci 1900 Sale al trono il re Vittorio Emanuele III, figlio di Umberto I 1900 – 1914 Belle époque 1914 -1918 Prima guerra mondiale 24 maggio 1915 L’Italia entra in guerra (Prima guerra mondiale) 28 ottobre 1922 Marcia su Roma e ascesa al potere del Fascismo in Italia 1 settembre 1939 La Germania di Hitler invade la Polonia e dà inizio alla Seconda guerra mondiale 10 giugno 1940 L’Italia entra in guerra (Seconda guerra mondiale) 25 luglio 1943 Mussolini è costretto a dimettersi e il re Vittorio Emanuele III lo fa arrestare 8 settembre 1943 L’Italia annuncia l’armistizio con gli Alleati ma la guerra continua 12 settembre 1943 Mussolini, liberato dai soldati tedeschi, fonda la Repubblica Sociale Italiana o Repubblica di Salò 1943 – 1945 Resistenza dei partigiani contro i nazisti che occupano il centro e il nord dell’Italia e contro i fascisti della Repubblica di Salò (Guerra civile) 25 aprile 1945 Milano, Torino e Genova vengono liberate dagli alleati 30 aprile 1945 Hitler si suicida per non cadere nelle mani degli alleati giunti ormai alle porte di Berlino 8 maggio 1945 La Germania si arrende 6 e 9 agosto 1945 Per costringere alla resa il Giappone, gli USA sganciano la bomba atomica rispettivamente su Hiroshima e Nagasaki 2 settembre 1945 Fine della Seconda guerra mondiale con la resa del Giappone 2 giugno 1946 Referendum monarchia – repubblica in Italia. Le donne italiane votano per la prima volta 1945 – 1989 Guerra fredda tra i due blocchi continentali guidati da USA e URSS 1 gennaio 1948 Entra in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana 1968 Anno della contestazione giovanile 1969 – 1984 anni del terrorismo italiano (Anni di piombo) 16 marzo 1978 Rapimento, da parte delle Brigate Rosse, dell’onorevole Aldo Moro, figura di spicco della Democrazia Cristiana 9 maggio 1978: Assassinio, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro 9 novembre 1989 Abbattimento del muro di Berlino, simbolo della guerra fredda. Crollo dei regimi comunisti dell’Europa dell’Est

venerdì 25 aprile 2014

25 Aprile

« Partigiano!
 Ti ho visto appeso
immobile.
Solo i capelli si muovevano
leggermente sulla tua fronte.
Era l'aria della sera
che sottilmente strisciava
nel silenzio
e ti accarezzava,
come avrei voluto fare io. »
(Giacomo Manzù, 5, dedica incisa nel "Monumento al partigiano" - Bergamo)


 

giovedì 25 aprile 2013

"E come potevamo noi cantare"


Salvatore Quasimodo

ALLE FRONDE DEI SALICI

E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

 


sabato 20 aprile 2013

Le risposte della poesia


Alla mia nazione (XV)

 

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

 

[Pier Paolo Pasolini: “La religione del mio tempo”, “Nuovi epigrammi” (1958-59)]

sabato 16 marzo 2013

Umberto Saba e il "Canzoniere"

        Mio padre è stato per me “l’assassino”
 

Mio padre è stato per me “l’assassino”

 fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.

 Allora ho visto ch’egli era un bambino,

  e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.

 

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,

 un sorriso, in miseria, dolce e astuto.

 Andò sempre pel mondo pellegrino;

 più d’una donna l’ha amato e pasciuto.

 

Egli era gaio e leggero; mia madre

 tutti sentiva della vita i pesi.

 Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

 

“Non somigliare – ammoniva – a tuo padre.”

 Ed io più tardi in me stesso lo intesi:

 eran due razze in antica tenzone.

 
Il poeta triestino Umberto Saba (1883 – 1957) è una delle figure più originali del nostro Novecento. Il suo Canzoniere, ampliato nel corso delle sue varie edizioni (la prima risale al 1921, l’ultima, postuma, al 1961), contiene tutte le raccolte di liriche da lui composte. La lirica Mio padre è stato per me “l’assassino”  è tratto dalla raccolta Autobiografia, comprendente 15 sonetti che Saba scrisse ispirandosi alla propria vita e che costituiscono una sorta di poemetto scandito in 15 strofe.
Mio padre è stato per me “l’assassino” è il terzo sonetto, in cui il poeta rievoca i suoi genitori: il padre, dal carattere libero e incapace di sottostare ai legami familiari, che abbandonò la moglie prima che il figlio nascesse, e la madre, che dovette sostenere da sola l’educazione del bambino, piena di rancore per il marito che l’aveva lasciata e che chiamò sempre “l’assassino”. Un conflitto aggravato, agli occhi del poeta, dall’appartenenza a due religioni e culture diverse: ebraica la madre, cattolica il padre. Solo quando Saba, ormai adulto, conobbe il padre, ritrovò negli occhi e nel sorriso del detestato “assassino”  non solo l’uomo che lo aveva generato, ma anche una parte importante di sé, legata alla sua sensibilità umana e artistica.
 
Fanciulli allo stadio, una delle cinque poesie per il gioco del calcio (“nate, da una lacrima e da un brivido” scrisse Saba in Storia e cronistoria del Canzoniere )  fa parte della raccolta Parole (1933 – 1934).
Le cinque poesie per il gioco del calcio sono contrassegnate da quell’immediatezza colloquiale e cordiale dell’espressione che è la modalità espressiva più originale e vera del poeta triestino.
Come in tutto il suo Canzoniere, infatti, anche in questa lirica Saba rivela il suo modo di essere, di sentirsi un uomo “come tutti / gli uomini di tutti / i giorni” ( Il Borgo ) capace di godere con gli altri delle piccole gioie quotidiane, accomunato a loro negli slanci di entusiasmo e nei momenti di sofferenza. Qui sono rappresentati i ragazzi allo stadio, il suono delle loro voci che esprimono, come uno squillo, la passione e l’ira. Ai margini del campo, su un muretto, lanciano come frecce i loro strali d’amore sui loro eroi. Questa immagine lieta riconduce il poeta alla sua infanzia, quando era come quei ragazzi, e rimaneva mortificato che tanto amore non trovasse alcuna rispondenza e che uscendo dal campo i calciatori “superbi” non degnassero di uno sguardo i loro umili ammiratori.
Già Leopardi aveva scritto, poco più di un secolo prima, una “canzone civile” intitolata A un vincitore nel gioco del pallone: ma per il grande recanatese il gioco era stato solo un pretesto per esprimere la sua concezione poetica. Saba invece affronta un tema così singolare senza preoccupazioni intellettualistiche, solo con l’intento di cogliere gli “immediati grovigli vitali”, cioè la spontaneità di sentimenti contrastanti (come in questo caso l’amore e la rabbia) che da sempre lo avevano affascinato, ispirandogli le sue poesie più belle.
Sul piano dell’elaborazione formale Fanciulli allo stadio è caratterizzata da un linguaggio limpido e vivace.
In Goal  l’attenzione del poeta si concentra non sugli aspetti tecnici del gioco del calcio, ma sulle emozioni – di gioia e di dolore – che esso provoca.
L’autore rivolge lo sguardo alle emozioni sia dei giocatori sia del pubblico.
Nella prima strofa di Goal, Saba focalizza la sua attenzione sul portiere sconfitto, sulla sua mortificazione e tristezza; nella seconda strofa l’attenzione si concentra sull’entusiasmo dei tifosi e dei giocatori della squadra che ha segnato; nella terza strofa, infine l'attenzione si sposta sulla gioia dell’altro portiere che, per quanto debba restare davanti alla rete, partecipa anch’egli dell’euforia dei suoi compagni.

venerdì 8 marzo 2013

Oltre le mimose...

... ci sono le violenze quotidiane spinte, in alcuni casi, fino all'omicidio; ci sono gli stereotipi e i pregiudizi che dividono le donne in buone e cattive mogli, madri; ci sono le fatiche di uscire da una mentalità gretta e meschina, ancora più arretrata rispetto a quella di oltre trenta anni fa.
Non festa, dunque, ma giornata, l'8 marzo, per riflettere contando gli anni che ancora separano da una vera parità.
Niente mimose, niente festa, niente auguri.

domenica 27 gennaio 2013

27 gennaio


27 gennaio 1945: liberazione del campo di Auschwitz – 27 gennaio: Giornata della Memoria

Auschwitz (Canzone del bambino nel vento) 1966

Francesco Guccini

Interpreti: Equipe 84

 

Son morto ch'ero bambino

son morto con altri cento

passato per un camino

e ora sono nel vento.

Ad Auschwitz c'era la neve

e il fumo saliva lento

nei campi tante persone

che ora sono nel vento.

Nel vento tante persone

ma un solo grande silenzio

che strano, non ho imparato

a sorridere qui nel vento.

No, io non credo

che l’uomo potrà imparare

a vivere senza ammazzare

e che il vento mai si poserà

che il vento mai si poserà.

Ancora tuona il cannone

ancora non é contenta        

di sangue la belva umana

e ancora ci porta il vento

e ancora ci porta il vento.

Ancora tuona il cannone

ancora non e` contento       

saremo sempre a milioni

in polvere qui nel vento.

 

Lo stesso Guccini ha dichiarato che "la prima idea" per questa tristissima quanto bellissima e celeberrima canzone gli venne dalla lettura di Tu passerai per il camino - Vita e morte a Mauthausen (Mursia, 1965), un libro di memorie di Vincenzo Pappalettera.
Come afferma Paolo Jachia, "Guccini scrive e canta la storia terribile ed emblematica di un anonimo bambino morto e bruciato nel famigerato campo di sterminio nazista (il 27 gennaio, data della liberazione dei prigionieri di Auschwitz, è stato proclamato universalmente e perennemente giorno del ricordo e della memoria). Una storia-simbolo delle altre sei milioni di vittime dell'orrore hitleriano, ma è da rimarcare che Guccini non si limita alla condanna del nazismo ma allarga la sua condanna a ogni guerra e allude probabilmente al dramma della guerra in Vietnam, allora in corso" [P. Jachia, Francesco Guccini, Editori Riuniti, Roma 2002, p. 25].
Scrive ancora Jachia [cit., p. 25]: "Un testo semplice, immediato, fatto di brevi versi, sostenuto per lo più da rime facili, ma artisticamente e retoricamente efficace e in grado di esprimere una forte e sincera commozone poetica. Per tutto questo Auschwitz conquistò subito il consenso unanime di cattolici, comunisti, anarchici, libertari". 

 

Se questo è un uomo (1945 – 1947)

Primo Levi

 

SE QUESTO E' UN UOMO

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no.

Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

domenica 6 gennaio 2013

Scheda di lettura


ANNO SCOLASTICO 2012/2013

 

LETTURE QUADRIMESTRALI

 

SCHEDA DI LETTURA DI UN LIBRO

 

 

La scheda di lettura di un libro dovrà essere costruita fornendo:

  • informazioni sul libro:

-          titolo

-          autore

-          casa editrice

-          anno di pubblicazione, anno di pubblicazione della prima edizione, eventuale anno di ristampa o ripubblicazione

-          genere (fiaba, favola, diario, racconto, romanzo, saggio, commedia, tragedia, etc,)

-          luogo e tempo della storia (in caso di testo letterario nonché contestualizzazione di saggi, lettere, diari, etc.)

  • sintesi della trama o dell’argomento trattato (max 10 righe)
  • commento (che cosa mi è piaciuto, che cosa non mi è piaciuto)
  • frasi (almeno tre) ritenute più significative ed estratte dal testo (riportare il numero della pagina).