domenica 30 maggio 2010

Materiale per l'esercitazione

ROSA







Aveva il nome di un fiore. Mi colpi per la sua esuberanza, la sua vivacità, la sua simpatia.







Io frequentavo il terzo liceo, lei si era appena iscritta al quarto ginnasio ma fu impossibile non notarla. Cominciai a frequentarla, nonostante i cinque anni che ci dividevano e che allora sembravano un'infinità, l'anno successivo, quando io ero già all'università e lei aveva appena finito l'anno scolastico. Mi presentò quella che sarebbe diventata, per qualche anno, una delle mie più care amiche.







Con lei, con Rosa, eravamo sì amiche ma non così confidenti. Mi divertiva tanto e mi sorprendeva il modo in cui riuscisse, nonostante gli affanni che la vita le aveva riservato, ad essere sempre ottimista e sorridente.







La sua mamma era morta quando ella aveva solo otto anni e lei viveva con il padre, il nonno, il fratello e un cagnolino bianco cui io, per la mia esagerata ed incontrollabile paura dei cani, mi avvicinavo sempre con timore.







"Mi hai salvato la vita!" mi disse, riconoscente, il giorno in cui io, istintivamente, le avevo afferrato, quasi strattonandola, il bavero del cappotto per impedire che finisse sotto un'auto mentre attraversavamo la strada.







Ma, evidentemente, il suo destino era quello di andarsene precocemente.







Scoprì di essere ammalata. Lottò con tutte le sue forze e continuò ad affrontare la vita e la chemioterapia con lo stesso entusiasmo e lo stesso ottimismo che aveva da ragazzina. Lo faceva per sè, per i suoi figli, per il marito, per quanti le volevano bene.







Io non la frequentavo più da anni ma ricevevo sue notizie dalla mia migliore amica. Fui felice quando quest'ultima mi disse che sì, le cure stavano avendo effetto, Rosa era guarita.







Fu un'illusione. Nel novembre 2007 Rosa se n'è andata. Non aveva ancora quarant'anni.







Per me rimane la ragazzina entusiasta e serena che mi guarda da una foto in bianco e nero scattata e sviluppata dal nostro amico comune appassionato di fotografia. Siamo sulla soglia di uno dei più importanti alberghi della cittadina in cui vivevamo, al centro c'è Mike D'Antoni che all'epoca giocava nella Billy di Milano e che quel pomeriggio avrebbe affrontato la squadra locale di basket.







Rosa aveva preso sottobraccio con naturalezza D'Antoni, incuriosito e disponibile. "Io voglio stare vicino a lui!" aveva immediatamente preteso.







Intorno poi ci siamo tutti noi, il nostro piccolo gruppo di amici che per qualche anno aveva attraversato insieme, tra sorrisi e tristezze, gli anni difficili dell'adolescenza e della prima maturità."







MAURO PER SEMPRE



Oggi Mauro avrebbe compiuto vent’anni. Ma se n’è andato tre anni fa, il 20 giugno 2007.



Per noi che lo abbiamo conosciuto e lo abbiamo amato è sempre vivo.



Al punto che abbiamo parlato di lui ai nostri attuali studenti.



E’ accaduto per caso, ma loro, forse perché hanno la stessa età che aveva Mauro, lo hanno immediatamente amato e hanno voluto conoscere la sua storia e quella dei suoi familiari che hanno con lui sofferto.



Vogliamo ricordarlo così, Mauro.



Abbracciando la madre, il padre, il fratello.



//



Fino alla fine, continuarono a sperare nella sua guarigione. Ci credevano davvero, forse spinti anche dalla forza e dal coraggio di quella giovane madre. Una vera madre. Capace di piangere e disperarsi, ma non davanti a lui. Perché



lui non doveva sapere quanto grave fosse la sua malattia. Lui doveva vivere come tutti i suoi compagni, libero di continuare a fare progetti per il futuro, come tutti i sedicenni fanno.



Sì, i suoi insegnanti credevano davvero che ce l'avrebbe fatta. E quando vennero informati che non sarebbe andata così, attoniti continuarono a mantenere quel segreto terribile. Mauro non doveva sapere. I suoi compagni non dovevano sapere.



Così, quel terribile dolore poté essere rivelato a tutti solo in quell'assolato giorno di giugno, quando Mauro se ne andò. Ma non li lasciò soli. Era con tutti coloro che lo avevano amato e non lo avrebbero dimenticato.



Vivo nei loro cuori. Per sempre.



"Non muore



chi rimane vivo



nel nostro cuore"



/ /



Non ho avuto l'opportunità di conoscere Mauro, ma la sua storia mi ha commosso tantissimo. Quando penso ogni volta che è morto quando aveva quasi la mia età e che la sua malattia è arrivata all'improvviso senza che lui e la sua famiglia sapessero niente, mi viene voglia di urlare e di chiedere a Dio perché ha portato via un ragazzo così giovane.



Mi chiedo se è possibile che una cosa del genere possa accadere nella vita.



Aveva ancora tutta la vita davanti e aveva appena iniziato a crescere. Non vorrei essere nei panni dei suoi genitori, a cui è toccato vedere il proprio figlio andarsene, sapendo che sarebbe successo, e soffrire in silenzio, senza poter fare nulla.



Comunque sia e in qualunque luogo ricorderò la sua storia ed egli rimarrà sempre nei mie pensieri e nel mio cuore. (G. R. D., classe 3^)







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Io, come lui, ho diciassette anni. Sto provando a pensare che cosa rimarrà su questa terra se la dovessi lasciare in uno dei prossimi giorni. Il primo pensiero che mi passa per la testa è: “Diciassette… Son così pochi… Non ho realizzato quasi niente di quello che desideravo…” E subito dopo: “Ma lui aveva anche qualche mese meno di me…”.







Direi che è meglio morire quando hai voglia di vivere, che vivere con la voglia di morire. Ma non in questo caso. E’ difficile guardare la persona cara, parlarle sapendo che le rimangono pochi giorni di vita. Mentire per il suo bene. Sorriderle in faccia e avere dentro un dolore insopportabile.







Ora che è passato un po’ di tempo da quando lui se n’è andato è importante non dimenticare. Mauro è morto soltanto fisicamente, ma rimane sempre vivo nei cuori delle persone che gli vogliono bene. (N. N., classe 3^)







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La lettera scritta dalla madre di Mauro è molto commovente, io la capisco bene,



ho avuto due casi molto toccanti che sono capitati proprio ai miei familiari.



L’estate scorsa mio cugino, un ragazzo pieno di vita, è morto a 14 anni,



dalla stessa malattia di Mauro.



Appena l’ha saputo, (i medici lo avevano comunicato a lui perché era l’unico in famiglia a conoscere l’inglese) lo ha detto ai suoi genitori e al fratello, cercando però di dar loro una speranza. “Non preoccupatevi” – diceva “ riuscirò a guarire, dopo tutto qui ci sono i migliori medici”.



Da quel momento è però cominciato il suo inferno che è durato ben tre anni, tra cure e



chemioterapie che non l’hanno tuttavia liberato da quella bestia, perché



per me quella è una bestia che si impadronisce del tuo corpo e ti divora a poco a



poco.







Al ritorno dalle vacanze dell’estate scorsa ho saputo che anche mia zia stava



male, le avevano diagnosticato un tumore in uno stato già avanzato per cui non si



poteva fare niente però a lei non hanno detto nulla della sua malattia, le



hanno fatto credere che sarebbe guarita.



Dopo tanta sofferenza ci ha lasciato tre settimane fa.



Ho provato tanto dispiacere pensando che era così giovane e aveva lasciato una figlia di un’età in



cui si ha tanto bisogno di avere una figura di riferimento come quella materna.



Per me la scelta dei genitori di Mauro è stata la migliore che si potesse prendere



anche se è la più dolorosa perché vedi la persona a cui vuoi bene, che ami, che



sta male e tu sei lì, impotente, che non puoi fare niente oltre che metterti a



piangere e a ruminare tutto il dolore dentro e non dire niente, ma bisogna invece mostrare



che sei lì, che ci sei, che sei pronta ad aiutarlo in qualunque modo.



E quando la persona amata se ne va, bisogna farsi forza perché ci sono molte altre



persone che hanno bisogno di te e comunque la tua vita va avanti.



Ciò che consola è che la persona amata vivrà sempre con te nel tuo cuore.



(T. B., classe 3^)







//



Credo che solo chi ha sofferto nello stesso modo possa provare a comprendere il dolore di due genitori che hanno perso il proprio figlio.



Nessun commento, dunque, ma solo un grosso ringraziamento e un abbraccio alla madre di Mauro per la sua lezione di vita.







"IL MIO ANGELO…IL MIO AIUTO…LA MIA SPERANZA…"







"Ho chiesto al nostro parroco che argomento trattava quest’anno il giornalino che distribuisce durante la benedizione delle case….non potevo credere alle mie orecchie….LA SPERANZA…l’ho guardato e, con un po’ di “rabbia”, la mia osservazione è stata:



“Se avessi dovuto scrivere io l’articolo, stai sereno che ti saresti ritrovato la pagina vuota.........”



La speranza…..



Don……spiegami: "Perché dovrei “avere” ancora speranza…forse perché la speranza è l’ultima a morire?.....nooo..….per quanto mi riguarda la speranza è stata un'illusione che mi ha fatto stare male….non dirmi che devo ancora metabolizzare…...questa chiacchierata mi ha “rovinato” la giornata …..".



Saluto e me ne torno a casa…..caspita.. il don… il mio don… ma allora non ha capito … per tutta la giornata non ho fatto altro che pensare a questa cosa….la speranza….ma non ci posso credere... proprio a me viene a parlare di speranza….



Non so, magari si aspetta anche che scriva qualche pensiero da mettere sul giornalino……quanta “rabbia”……



Verso sera ho “sbollito” ed ho ricominciato a pensare alla speranza sotto altre forme e mi sono detta…però due anni fa con Mauro la speranza è stata la mia FORZA ….la speranza mi ha permesso di non arrendermi, di credere, di combattere…..



Già, però si parlava di mio figlio…quando ti senti dire “ Suo figlio ha un Astrocitoma Anaplastico maligno 3”….cos’è sta roba….la dottoressa era stata chiara già dall’inizio….sapete, quando non si vuole sentire….



Le sue parole sono state: "Non avrà più di due anni di vita…."



In quel momento la speranza non la vedi ……è la disperazione che prende il sopravvento….cosa fai…io guardavo mio marito e lui guardava me …..un colloquio con i medici e via... ci siamo trovati a prendere decisioni più grandi di noi…..essendo Mauro minorenne abbiamo deciso che non gli venisse raccontata la verità…



Cosi abbiamo cominciato a raccontargli e raccontare “bugie”…. La nostra paura era che “qualcuno” parlando potesse dire a Mauro la verità….non potevo permettermi uno sbaglio del genere… dovevo e volevo tutelare mio figlio…..come poteva vivere Mauro sapendo di avere un “tumore alla testa”….



No, io e suo padre sapevamo cosa voleva dire non vivere più, non dormire più la notte…non potevamo riversare questo su Mauro….. eravamo sempre più convinti che era meglio mentire a tutto il paese piuttosto che vedere Mauro disperato per quello che gli stava succedendo….



Finalmente dopo 56 giorni di ospedale arriviamo a casa, Mauro piano piano ricomincia a vivere la sua vita da 16enne…grazie ai professori ed al preside, che hanno capito cosa stava succedendo, Mauro è stato ammesso alla classe 3^ con tutti i suoi “vecchi” compagni…..



Io e mio marito vedevamo che, nonostante fossimo sempre "legati" all'ospedale per i controlli, Mauro stava bene, era tornato ad essere un ragazzo di 16 anni (aveva persino ricominciato a farmi urlare...).



Ricredendomi su come ho iniziato questo scritto, devo dire che la speranza era presente in noi 24 ore al giorno, è la speranza che mi ha dato la forza per andare avanti….



Eravamo sì disperati ma vedevamo nostro figlio sereno…...Quante volte, contro voglia, io e suo padre abbiamo usato la maschera della tranquillità …..ma poi, la sera… nel letto, al buio…….quante lacrime, quanti perché…Finivamo con il pregare e sperare…, sai, quei miracoli che sai già che non succederanno…però speri……è stata un'esperienza che mi ha segnato la vita…



Vorrei poter dire a tutte quelle persone che per i motivi più svariati si vedono in un vicolo buio: "Ricordatevi! La speranza è la forza che vi permette di non cadere e poi non dimenticate che non si è mai soli….bisogna solo non volere sentirsi soli…".



La forza della Speranza e il mio Sacerdote che…quando suono quel campanello è sempre pronto ad abbracciarmi e ad ascoltarmi….sono i due grandi sostegni che mi hanno permesso di non cadere….



Sono due aiuti che tutti possiamo avere…lo dobbiamo volere….







Voglio dire grazie a tutte quelle persone che hanno capito le mie “bugie”.



A chi non le ha capite… semplicemente mi dispiace, ma non c’è amicizia che poteva prevalere sulla serenità di mio figlio….







Volevo poi ringraziare la fantastica ragazza che ha regalato tanti momenti felici al mio Mauro…il mio Mauro la chiamava “la mia cucciola” nei suoi tanti bigliettini attaccati in camera le scriveva “Sei il mio mondo”…



A quella ragazza e a tutta la sua famiglia un grazie dal profondo del cuore…



Un grazie anche agli amici di sempre di Mauro.



La madre di Mauro"



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“Chissà se mi ritroverai”



Suonavano le note di questa canzone mentre la loro storia, iniziata poco meno di due mesi prima, finiva. Sembrava una storia importante così come appaiono, nell'entusiasmo dell'innamoramento adolescenziale, tutte le storie. O, almeno, lei credeva che fosse una storia importante.



Invece erano troppo diversi: per lei l'impegno veniva prima di ogni cosa. L'impegno verso ogni sua attività: prendeva tutto sul serio. Lui invece era più leggero, meno integralista, più possibilista. Continuarono a restare amici, tuttavia, per qualche tempo. Lui l'accompagnò, il pomeriggio dell'ultimo giorno dell'anno di qualche anno dopo, in riva al mare, a distruggere, con un falò, i suoi tre diari-agenda su cui lei si era raccontata la sua vita degli ultimi tre anni. Un gesto simbolico per voltare pagina.



Del resto, anche lui continuava a raccomandarle di volersi più bene ed essere ancora più esigente con gli altri, piuttosto che con se stessa, di quanto già non lo fosse.



Dopo quella volta si videro solo sporadicamente e poi si persero di vista.







“Chissà se mi ritroverai” - Gianni Togni (1980)







Amore com’era facile da dire nascosti dentro qualche bar



amore da solo non sapevo mai che fare con le tue certezze con la mia età



quando ogni giorno chissà se mi ritroverai



aveva il tuo nome







Amore cercare sempre di cambiare insieme



amore chiedersi tutto senza aver pudore



ci siamo persi tra la gente



di te non so più niente







Chissà se mi ritroverai



ed io saprò farti capire



cosa sei stata amore



in qualche piccola stazione



in qualche posto senza cuore



con l’aria di chi sta lì per errore



chissà se mi ritroverai







Amore era la cosa più normale



amore e mi domando adesso che rimane



di quelle notti



delle nostre parole







Amore la realtà non mi fa più paura



amore nella mia testa non c’è confusione



niente da perdonare



né da dimenticare







Chissà se mi ritroverai



così per caso sulla strada



che strana questa vita



in una sera come tante



in un’estate già finita



di me allora che penserai



chissà se mi ritroverai







Chissà se mi ritroverai



se parleremo un po’ di noi



come buoni amici



in qualche piccola città







//







L’amore, a volte, finisce.







E subito, al posto dei sogni, delle speranze, delle affettuosità, subentrano i rancori, le ripicche, le cattiverie.



Ci si rinfaccia soprattutto ciò che si è fatto per amore ma, che, in fondo, non si voleva fare. E, forse, proprio per questo l’amore è finito.



Tutto ciò è espresso con efficacia in “Fuck you”.







FUCK YOU Articolo 31 – Paola Turci (Domani smetto – 2002)











Lascerò tutti i miei figli / ad un futuro incerto. / Mangerò composta a tavola / con mani giunte. / Piangerò con discrezione / senza dare nell’occhio. / Dormirò come se fossi morta. / I say fuck you./



C’era una volta una promessa / una carezza / un bilocale come una fortezza / chiamarti la mia principessa / c’era la fretta / del taxi già che aspetta / ma non vuoi andare / c’era una foto di noi al mare / c’era un vuoto che puoi colmare / gelati e film da noleggiare / c’era togliersi i vestiti / e poi volare / c’era la gelosia / e tu che te ne andavi / e correre da te / quando per magia / mi chiamavi. /



Pregherò affinché / tu possa avere tutto ciò che vuoi / soldi, macchine / una donna al giorno / e la possibilità di avere / tutto e subito / senza aver bisogno / di essere mai perdonato. /



I say fuck you./ You will never Know / what is turning my head / Fuck you / So you better watch out / So you better watch out out /



C’erano cene mondane e stare composto / il mio bere e fumare / che volevi cambiare a ogni costo / c’erano scene di panico senza motivo / ed il tuo essere isterica per il modo in cui vivo / e farmi stare simpatica / la tua amica più idiota / la filosofia del tuo maestro di yoga / poi c’era la tua emicrania / sospetti silenzi / io al mare tu in montagna / c’era parlare lingue differenti. /



Asseconderò ogni tua / perversa inclinazione / proverò ad interpretare / ogni tuo malumore / sarò pronta accanto a te / quando verrà il momento / quando il tempo ti restituirà / quello che hai dato. /



I say fuck you./ You will never Know / what is turning my head / Fuck you / So you better watch out / So you better watch out out /



Ma adesso metti bene a fuoco, mi vedi? / Sono caduto in piedi, ci credi? /



Non ti cercherò /



Ho tolto le foto dalle pareti nei miei sogni segreti / non ti vedo e a dormire ci riesco / esco / quando mi va / bevo abbondanti sorsate di libertà / faccio assordanti risate / con gli amici al bar / su come ero spento / quando perdevo tempo stando / con quella là / sfumi nella memoria / non ti penso mai / e ogni mentire / ogni fare soffrire / ci insegna la storia / pagherai / e so che a ogni risveglio / non ci sarai / e so che tanto di meglio / non troverai / mai / ho due parole e una bombola spray / fuck you / per quando tornerai /



I say fuck you./ You will never Know / what is turning my head / Fuck you / So you better watch out / So you better watch out out /







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Perché scrivi? – 9 aprile 2010 di Antonella Landi



Alla fine di un dedalo antico e ristrutturato li ho trovati. Erano in quindici, singoli e singolari. Erano silenziosi, (ansiosi?), curiosi, misteriosi, smaniosi. Di lui ho pensato che fosse un po’ imbarazzato, dalla lavagna elettronica e bizzosa, dall’auditorio nuovo ed ignoto, dal fare lezione senza esser lezioso. Poi si è scaldato e ho sentito comunicazione anche nell’interruzione, nel procedere a voce sommessa, titubante solo all’apparenza, nell’ammettere che a scrivere c’è una gran solitudine. Ho preso appunti e imparato, perché sempre s’impara. M’ha convinta il confronto, il mettersi in gioco, lo spogliarsi di tutti del pudore delle proprie parole, l’accettare che un evidenziatore strisciasse la nota azzeccata ma anche quella sgraziata. Mi ha rapita la più trita delle domande: perché si scrive? Per sentirsi una levatrice, per la memoria e la commozione, per la gioia e per il dolore, per il puro piacere, per plasmare un cosmo originale, perché un demone mi sveglia di notte e mi costringe a farlo, perché è come droga, follia e malattia, perché è una condanna, per amore della bellezza.



Per vivere due volte anziché solo una.



Sono iniziate a Firenze, nella splendida villa del Cinquecento in viale Manfredo Fanti, le lezioni della Scuola di Scrittura di Mondadori Education, dove è stato accolto -dopo selezione accurata tra tanti scritti arrivati- un ristretto numero di partecipanti che ha iniziato il percorso seguendo la prima lezione di Francesco Cerami.



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La bella tv - 12 ottobre 2009 di Antonella Landi



Con gli anni sono arrivata a detestare la tv.



Da piccina mi c’incollavo davanti e ne facevo indecorose, immorali scorpacciate.



Ma c’era David Copperfield, c’era Pinocchio di Comencini. E poi c’era la prosa! Che non capivo, ma mi faceva struggimento alla bocca dello stomaco.



Da ragazzina c’era Fonzie, c’era Candy, c’erano Capitan Harlock, Lupin III, Goldrake, Jeeg Robot, Mazinga e Mazinga Zeta.



Ora David Copperfield non è più un bambino sfortunato: è un illusionista arricchito. Di quelli che c’erano una volta, non è rimasto più nessuno. E non ci sono più neanche Alf e Francesca Cacace, le grandi consolazioni dell’età della consapevolezza.



Ora guardare la tv è andare in depressione e chiederti chi abbia autorizzato Maria De Filippi a strapparti via l’infanzia.



Semmai nel fine settimana (ma non sempre) può succedere che ci sia una bella tv.



Tutto sta nell’ospite che Fabio Fazio invita in studio.



Sabato scorso c’era Antonio Tabucchi. Proprio lui. Quello di Notturno Indiano, quello di Piccoli equivoci senza importanza, quello de La testa perduta di Damasceno Monteiro, di Si sta facendo sempre più tardi, Piazza d’Italia, La gastrite di Platone.



Assolutamente non televisivo (il volto al naturale, la testa semicalva, un vestito sobrio e il raspino in gola), Tabucchi mi ha incollata davanti alla macchina infernale come quando ero piccina e davano qualcosa che mi rapiva così tanto da farmi dimenticare di mangiare.



Dell’autore toscano naturalizzato portoghese mi hanno rapita le parole, e il pollo arrostito dentro il forno a legna con le patate al cartoccio mi si sono freddati.



Ma lui diceva che “nessuno considera la fatica fisica dello scrittore, la sua lotta quotidiana per salvarsi dalla colonna infame, quella vertebrale, che risente dell’immobilismo coatto e della postura infelice”, affermava che “la cosa più bella del mondo sono i bambini”, dichiarava che “la mia patria non è una terra, ma una lingua: quella che parlo e che mi segue ovunque”, concludeva che “il tempo invecchia in fretta e la vita acquista un senso solo quando sta finendo”.



Cosa poteva importarmi del pollo arrosto con le patate al cartoccio?



Ascoltandolo, mi è tornato in mente quello studente bergamasco che in classe non si vergognò di esclamare “pota profe, io quel Tabucchi lì non lo conosco: non deve essere poi così famoso come dice lei” e che corse un concreto rischio di rimediare la costola di Sostiene Pereira sulla fronte.







• Posted in prendo appunti

Produzione testuale: esercitazione

Obiettivi: Conoscere le diverse forme della comunicazione scritta e saperle usare opportunamente nei diversi contesti comunicativi, rispettando le consegne e utilizzando un adeguato registro linguistico.









- Produrre un breve testo che si configuri come un post da pubblicare su un blog, la cui utenza sia un pubblico di varia età e di istruzione medio-alta. Il post dovrà utilizzare un registro medio, senza ricorrere a turpiloquio, a espressioni gergali giovanili o a forme di scrittura tipiche della comunicazione veloce giovanile (uso del k, abbreviazioni con sole consonanti, etc.). Il post dovrà essere corredato da un titolo accattivante che inviti alla lettura.



Lunghezza minima 10 righe, max 15.











1) "Tu chiamale se vuoi...emozioni...".



2) "Chissà se mi ritroverai...".



3) "Sì, viaggiare...".



4) "Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri SOGNI" (E. Roosvelt)









Punteggio: ............../ 2 (Titolo del post) (Max 2 valutando l'originalità, la pertinenza e la correttezza semantica ed espositiva)







Punteggio: ............../ 8 (Testo del post) (Max 8 valutando l'originalità, la pertinenza, la completezza e la correttezza ortografica, lessicale e morfosintattica)











Punteggio totale: .................../ 10

Blog di classe

Bene, ragazzi, il blog è stato creato!

Ora occorrerà riempirlo dei nostri contenuti prevedendo anche, eventualmente, una diversa impostazione grafica.

Buon lavoro!

giovedì 27 maggio 2010

ESERCITAZIONE DI ITALIANO


PRODUZIONE TESTUALE





Obiettivi: Conoscere le diverse forme della comunicazione scritta e saperle usare opportunamente nei diversi contesti comunicativi, rispettando le consegne e utilizzando un adeguato registro linguistico.





- Produrre un breve testo che si configuri come un post da pubblicare su un blog, la cui utenza sia un pubblico di varia età e di istruzione medio-alta. Il post dovrà utilizzare un registro medio, senza ricorrere a turpiloquio, a espressioni gergali giovanili o a forme di scrittura tipiche della comunicazione veloce giovanile (uso del k, abbreviazioni con sole consonanti, etc.). Il post dovrà essere corredato da un titolo accattivante che inviti alla lettura.


Lunghezza minima 10 righe, max 15.





1) Gli adolescenti e l'amore.


2) Social network: uso opportuno e inopportuno.


3) Essere uomo, essere donna tra stereotipi, pregiudizi e modelli culturali non sempre edificanti.


4) Adolescenti e adulti tra speranze, sogni e disillusioni.


5) La scuola: com'è, come dovrebbe essere.


6) Scrivere una lettera aperta che sia una risposta, scritta da un adolescente, al contenuto del brano "Tu non mi vuoi bene!" (testo fornito dall'insegnante).








Punteggio: ............../ 2 (Titolo del post) (Max 2 valutando l'originalità, la pertinenza e la correttezza semantica ed espositiva)





Punteggio: ............../ 8 (Testo del post) (Max 8 valutando l'originalità, la pertinenza, la completezza e la correttezza ortografica, lessicale e morfosintattica)





Punteggio totale: .................../ 10

mercoledì 26 maggio 2010

Blog di classe.

Bene, il nostro blog di classe è stato creato!

Ora dovremo definire le impostazioni e riempirlo di contenuti!

Grazie ai componenti della 2^ I (quasi 3^), diventerà sicuramente uno splendido blog!